QUADRO STORICO SPAGNOLO: LA CONQUISTA

CANTAR DEL MIO CID

-l’autore è anonimo, viene considerato impropriamente il primo documento letterario in spagnolo

-è un poema epico, risale circa al 1140

-inizialmente il poema veniva tramandato oralmente dai giullari

-il poema è conservato in un unico manoscritto a Madrid e datato 1207 con il nome di Per Abbat (Amanuense? Vero autore dell’opera?)

-argomento del poema: Reconquista (periodo di 750 anni in cui avviene la riconquista dei regni moreschi musulmani di Al-Andalus) [ nome dato dai musulmani alla penisola iberica] della penisola iberica da parte dei sovrani cristiani

-protagonista: Rodrigo Dìaz de Viviar, meglio conosciuto come El Cid Campeador (prototipo degli eroi cristiani [el cid=il signore]), nato intorno al 1040 e morto nel 1099

 

IL POEMA: composto da 3733 versi e manca di un foglio all’inizio e due al centro.

La trama si sviluppa intorno alle vicende del Cid, nobile castigliano, che conquistò Valencia nel 1094

È diviso in 3 parti: l’esilio, le nozze, l’oltraggio

 

IL CANTO DELL’ESILIO (Cantar del Destrierro)

Vengono narrate le avventure del Cid durante il suo periodo d’esilio.

El Cid viene accusato di essersi appropriato indebitamente dei tributi dovuti ad Alfonso VI re di Léon [probabilmente perché fa parte della nuova nobiltà], quindi viene esiliato ingiustamente. È costretto a lasciare la moglie Jimera e le figlie, Elvira e Sol, in un monastero sotto la protezione di un abate. Riesce ad ottenere un prestito imbrogliando due ebrei, assolda degli uomini e comincia a combattere contro i mori riconquistando moltissime terre. Ottiene così un ricco bottino e paga i tributi ad Alfonso VI inviandoli 30 cavalli. Il re accetta il dono, ma non revoca l’esilio del Cid. Gli concede però che tutti gli uomini valorosi del regno gli vadano in soccorso ed il Cid continua la sua lotta, arrivando a conquistare Barcellona. Fa prigioniero il Conte della città, ma in seguito lo libera.

 

IL CANTO DELLE NOZZE (Cantar de Bodas)

Il Cid conquista Valencia e fa sposare le figlie con i principi de Léon.

Conquista Valencia ed invia al re gran parte del bottino, chiedendo in cambio che gli vengano inviate la moglie e le figlie. Il re accetta ed il Cid per riconoscenza gli dona 200 cavalli. I due principi di Léon, invidiosi delle ricchezze del Cid, chiedono al re Alfonso VI di ottenere Elvira e Sol come spose. Il re concede loro il matrimonio e si incontra con Cid sulle rive del Tago. Questi non è d’accordo riguardo alle nozze ma, non volendo arrecare dispiacere ad Alfonso VI, accetta. [NB: i due principi di Léon sono INFANTeS: nobili di antiche casate poco impegnati nella Reconquista; le figlie del Cid sono INFANZONES: appartenenti alla nuova nobiltà molto impegnata nella Reconquista]

 

IL CANTO DELL’OLTRAGGIO (Cantar de afrenta de corpes)

I principi di Léon vengono ridicolizzati dal Cid a causa della loro codardia. Un leone si aggira per il campo militare e fa scappare tutti gli Infantes ( compresi i due principi di Léon). Il Cid, con un solo sguardo, ammansisce la bestia. I principi sospettano che il Cid abbia organizzato il tutto per coprirli di ridicolo, quindi meditano una vendetta. Prendono Elvira e Sol e le abbandonano mezze morte (nude) nel querceto di Corpus (da qui il nome). Il Cid manda il nipote a salvarle e chiede giustizia al re, inoltre chiede la convocazione delle Cortes a Toledo [fonzione cortes: assemblea rappresentativa della città e spazio giuridico]. Le Cortes ordinano che i due principi restituiscano tutto ciò che hanno ricevuto il dote dal Cid, il quale però pretende che gli venga restituito anche l’onore. Tre campioni scelti dal Cid si battono quindi contro i due Infantes e Asur Gonzales (nemico giurato del Cid). Vincono gli Infanzones: Elvira e Sol, non più sposate con i due principi di Léon, si sposano con due principi di Navarra e Aragona, diventando regine. Il Cid, avendo rapporti famigliari con queste casate spagnole e ciò aumenterà il suo livello sociale, nonostante fosse un nobile ( significativo per l’exolation sociale).

El cantar del mio Cid si conclude con la morte del protagonista a Valencia.

ALTRE INFO SUL POEMA

Il cid rappresenta allegoricamente sia la rivalsa di Castilla su Léon, sia la rivalsa degli Infanzones sugli Infantes,

El cantar del mio Cid e la “Chanson de Roland” si riferiscono entrambi alla stessa datazione, ma differiscono in vari punti:

1. “La Chanson de Roland” è un poema che esalta la meraviglia ed il fantastico

2. “El Cantar” è invece un poema dal carattere realista, non compaiono elementi magici e si nota anche un certo ritratto psicologico di alcuni personaggi.

Il poema è lo specchio della nuova lingua Romanza che si sta formando in Spagna. Dal poema emergono: laicità, realismo, tolleranza (l’accento ai due ebrei nel romanzo)

El Cid è un eroi più “grezzo”, non esente da vizi e capace di astuzie. Il trionfo del Cid rappresenta l’ascesa al potere della nuova nobiltà (Infanzones), che si candida a reggere i destini di una penisola relativamente pacificata.

 

GIURISDIZIONI SPAGNOLE:

-CARTAS PUEBLAS: documenti ideati al fine di riformare le città, con i quali i re si impegnano a concedere privilegi a coloro che decidono di stanziarsi in determinati borghi/città e nelle marche di frontiera.

-CORTES: riunioni di corte dove vengono convocati i procuratori dei 18 maggiori centri urbani.(Nome plurale perché venivano convocate più volte a settimana).

-CORTES DI TOLEDO: prima corte ad essere stata convocata.

-MESTA: corporazione che riunisce i grandi latifondisti del regno di Castilla.

 

 

ENRICO IV- LA BURLA DI AVILA

Spodestato dal fratello Alfonso, poi riprende il trono solo a patto che alla sua morte sia la sorella Isabel ( e non la figlia Juana, illegittima) a prendere il trono. Isobel de Castilla (cattolica) prenderà il trono. Alla sua morte Fernando II spodesterò il trono a Juana.

Fu un re molto amato dal popolo, ma disprezzato dalla nobiltà, la quale non gli riconosceva nessuna autorità. Il 5 giugno 1465 i nobili arrivano al punto di inscenare una vera e propria “Detronizzazione” del sovrano nella città di Avila. Viene inandiato un processo contro la statua del sovrano e, dopo aver letto le accuse, viene privato di corona, scettro e spada. Infine, un nobile le da un calcio, facendola cadere rovinosamente a terra. Questo episodio viene ricordaro col nome “La burla di Avila”.

 

LAS DANZAS DE LA MUERTE

Nascono in seguito alla crisi morale, economica e politica del 15 secolo, la quale converte il tema della morte in una vera ossessione. In Spagna è conservata una sola opera anonima, di circa 6000 versi, degli ultimi anni del 14 secolo: “La Danza Géneral de la Muerte”. Protagonista è la morte (personificata in forma di cadavere) che, mentre balla, parla con i vivi e li afferra uno ad uno (indipendentemente dalla classe sociale) costringendoli a partecipare a questa danza macabra. Lo scopo di queste opere è ricordare agli uomini il potere egualitario della morte e l’inutiltà dei beni terreni.

 

CAPLAS POR LA MUERTE DE SU PADRE

Punto di vista aristocratico. Santiago Don R.M.

Scritte da Jorge Manrique, le Caplas rappresentano l’apice della letteratura signorile del 15 secolo.

Jorge Manrique nasce a Valencia nel 1440 da una delle più illustri famiglie castigliane e muore nel 1479 nell’assedio del castello de Gasimunoz. Las Caplas è un’opera formata da 480 versi di arte minore, è un elogio funebre in onore del padre Rodrigo e si incentra sull’opposizione tra eternità e temporalità. Si divide in 3 parti:

1 la riflessione filosofica sulla morte ed il suo trionfo sulle ambizioni ed i piaceri umani

2 l’esaltazione della figura del “maestre de Santiago Don Rodrigo Manrique” (suo padre)

3 l’incontro dell’eroe con Cristo

Questa divisione riprende lo schema medievale delle tre vite: quella terrena, quella della fama e dell’onore, quella eterna.

 

TEMI DELL’OPERA:

La morte pone tutti sullo stesso piano, annullando così la tripartizione sociale medievale (guerrieri, chierici, lavoratori). Questo concetto è uno dei tanti luoghi comuni tipici delle “Danzas de la muerte”. Nonostante però i tanti topos che legano JM alla tradizione medievale, per altri aspetti se ne distacca. Ad esempio, en “Las Caplas” viene introdotto un nuovo modo in cui la morte si introduce a prelevare le anime delle persone: è una morte “discreta” e silenziosa; le anime della gente diventano “fiumi che sfociano nel mare della morte”, quindi viene rimossa l’immagine raccapricciante del cadavere danzante simbolo di carestie e pestilenze. Un altro topos che emerge dalla tradizione medievale è il “Ubi Sunt”, un tratto generale che si riferisce alla fugacità delle cose terrene (Gloria, costruzioni, beni degli uomini) [ubi sunt? = dove sono le glorie/dov’è il potere?]. Lìautore rievoca quindi i grandi della storia (Ottaviano, Giulio Cesare, Scripione lì Africano ecc) e sottolinea come tutti sono stati catturati nella spirale della morte. JM si rivolge direttamente al lettore con un fine pedagogico, nella speranza che questo ne tragga un insegnamento utile per redimersi dal peccato e giungere purificato al cospetto di Dio. Las Caplas sono tuttavia narrate da un punto di vista aristocratico.

 

QUADRO STORICO SPAGNOLO- I RE CATTOLICI

Dopo la “burla di avila”, Enrici IV viene spodestato dal fratellastro Alfonso, il quale però muore dopo solo tre anni dall’incoronazione. Enrico IV torna a regnare, a patto che alla sua morte ceda il trono alla sorella Isabel e non alla figlia Juana, probabilmente illegittima. Alla sua morte, sale al trono Isabel, dopo aver vinto la battaglia contro Juana per la successione al potere. Isabel “la cattolica” regna dal 1474 al 1504. Il suo principale obiettivo è conquistare Granada, ma per fare ciò deve prima costruire un regno forte. Nel 1469 Isabel sposa Fernando II di Aragona e pretende di governare a Castilla mantenendo il suo primato di regina su Fernndo II. Isabel vuole un governo assoluto sul regno, quindi per prima cosa convoca le Cortes e fa diminuire il potere degli ordini cavallereschi (i quali possiedono enormi latifondi); così facendo li priva della loro autunomia. (cortes de Madrigal, 1476)

 

-NASCITA DELLA SUPREMA INQUISICION

Un tempo la Spagna si era mostrata un paese tollerante ma, in segiuto ad un viaggio di Isabel in Andalucia, la regina resta sconvolta dalle presenza di tantissimi cristiani, ebrei e mudejares. Comincia così a diffondersi un clima di sospetti e diffidenza, al punto che i regnanti spagnoli chiedono al Papa do creare un apposito tribunale per condannare i sospettati di Giudaismo (1478). Nasce quindi nel 1483 la Suprema Inquisicion. Comincia un periodo di terrore e angoscia, dove gli eretici vengono perseguitati.

 

-ANNUS MIRABILI 1492

Il 2 gennaio 1492 Granada viene riconquistata, ma in realtà la Riconquista si può considerare terminata da tempo. Il 31 marzo 1492 a Santa Fe viene emanato il decreto di Alhambra, il quale sancisce l’espulsione degli ebrei dalla Spagna. Gli ebrei hanno due scelte:

- Convertirsi al cattolicismo

- Lasciare la Spagna entro 4 mesi (scelta più seguita)

Sempre nello stesso mese Antonio de Nebija pubblica la prima grammatica della lingua castellana, su impronta della lingua italiana (la più avanzata). Il castellano viene quindi imposto come lingua ufficiale alle terre straniere sottomesse e viene usato anche in ambito religioso. Ancora lo stesso mese a Santa Fe, vengono firmate le Capitolazioni per dare il via al progetto do Cristoforo Colombo, il quale vuole”Raggiungere il Levante tramite il Ponente”. Colombo inizia la sua missione partendo dal porto di Falos il 12 maggio 1492. Nel 1504 muore Isabel e viene succeduta fa Juana, sposarasi con Filippo il Bello, duca di Borgogna.

Solo alla morte di quest’ultimo, nel 1507, Juana viene dichiarata pazza e spodestata da Fernando II ( non era salito al trono prima perché negli accordi di matrimonio con Isabel, spettava a lei il governo del regno, quindi alla successione doveva esserci una donna). L’asse politico spagnolo si inclina verso l’Italia, bramata(politica italiana) anche dalla Francia. Scoppia una guerra dalla quale Fernando II ne esce vincitore, diventando signore di Napoli (ha battuto il regnante francese Carlo VIII).

 

LA CELESTINA

E un’opera scritta alla fine del 15 secolo e viene considerata di transizione che conclude l’epoca medievale ed apre il Rinascimento. E la prima pera spagnola di portata universale e la più importante a livello nazionale dopo il “Don Quijote”. Fu pubblicata a Burgos nel 1499 con il titolo “Tragicommedia de Calistro y Melibea”. La “commedia de Calistro y Melibea”, o “celestina”, si colloca a metà tra il teatro ed il romanzo; nonostante il testo sia drammatico e dialogato, non si considerava come un’opera da leggere ad un pubblico e non fu concepita per essere rappresentata a teatro.

 

-L’AUTORE

Fernando de Rojas, si suppone fosse di Toledo. Studio diritto a Salamanca e prese il titolo di “uomo di legge”. Tornò a Toledo ma ebbe problemi con la Suprema Inquisiciòn ed il 7 giugno del 1525 venne incarcerato. Morì a Talavera de la Reina nel 1541. Sull’autore restano comunque dei dubbi, in quanto F. de Rojas stesso afferma di aver trovato la prima parte del manoscritto già stilata e, colpito dalla maestria dell’autore anonimo e dalla storia in sé, decise di continuare l’opera, aggiungendo il finale tragico per i due amanti.

 

-LA TRAMA

Calistro e Melibea sono due giovani. Lui è di media condizione sociale, mentre lei appartiene all’alta società. Calistro la incontra casualmente e se ne innamora, ma non è corrisposto. Con la complicità dei suoi servi, chiede aiuto ad una vecchia mezzana (direttrice dei bordelli che organizza incontri) di nome Celestina, perché faccia da tramite. Questo fa in modo che Melibea incontri Calistro e se ne innamori. Come ricompensa riceve da Calistro una collana d’oro. Parmeno e Sempronio (i due servi) reclamano la loro parte di ricompensa, ma Celestina si rifiuta di spartirla con loro. Questi allora la uccidono nel tentativo di sottrarle la collana; vengono catturati e giustiziati. Gli amici dei servi e le amiche della mezzana si alleano per vendicarsi dei due amanti, considerati il pomo della discordia. Attendono che i due si incontrano e, riuniti, i vendicatori fanno rumore per attirare la loro attenzione. Calistro (casa di lei al piano superiore), nello scendere frettolosamente le scale per andare a vedere la causa del rumore, cade rovinosamente e muore. Melibea, appresa la triste notizia, sale sulla torre e si getta dal balcone della sua stanza, davanti agli occhi del padre.

 

-IL POEMA

La Celestina è considerata una commedia umanistica, genere creato da Petrarca del 14 secolo, che affonda le sue radici nelle antiche commedie latine di Terenzio e Plauto. La caratteristica fondamentale della commedia umanistica è di rappresentare la vita quotidiana tramite il dialogo, che doma verosimiglianza a personaggi e ambienti. Nonostante l’opera sia ambientata in un periodo ancora medievale, si riflette la crisi del 15 secolo, dove erano nuovamente in voga i libri cavallereschi e i romanzi sentimentale, i quali distaccavano dalla realtà e celebravano la vita terrena ed i suoi piaceri. L’autore stesso all’interno dell’incipit della sua opera da delle vere “istruzioni per l’uso”, dicendo che la celestina deve fare da monito ai <<folli innamorati che, vinti dal loro smodato appetito, invocano come dee le proprie amanti e tali le reputano e [..] a monito contro gli inganni delle mezzane e dei servitori perfidi e lusingatori.>> F. de Rojas, inoltre, rimanda per ulteriori chiarimenti a lamento di Pleberio (padre di Melibea), verso il corpo della figlia ed al fatto che ormai, dopo la sua morte, i ricchi possedimenti del padre sono divenuti inservibili e superflui. L’autore in uno dei suoi testi/cornice si incentra anche sulla “riforma morale della Spagna” e soprattutto inveisce contro la nobile gioventù irretita dalle spire dell’amore carnale. Azzarda questi sermoni soprattutto per coprirsi le spalle, visti gli argomenti ed i personaggi di bassa morale della sua opera. Semprionio stesso, infatti, all’interno dell’opera afferma che l’unico fine dell’amore è l’atto sessuale, perciò chi finge di avere obiettivi diversi, apparirà dissennato e risibile.

 

-LUOGHI E PERSONAGGI

Il primo luogo a comparire è il giardino di Melibea, lo stilizzato “Vergel de Cancioneras”, il “Locum Amoenus” della tradizione cavalleresca. Calistro lì si definisce “prigioniero di una dolcissima prigione”, “immérito” e “indigno”, in quanto si sente decisamente più mediocre della sua amata, la quale è elevata al rango di dea. Calistro prova a corteggiare la sua amata come farebbero gli eroe cavallereschi, ma la sua risulta più una parodia che una vera imitazione: commette infatti l’errore di rivolgersi a lei come se fosse già sua, dimostrando un carattere irruento ed impulsivo (l’opposto di quello di un eroe cavalleresco).

Personaggi:

1) Calistro: “colui che vuol far credere di essere” giovane di media società, rappresenta la parodia dell’eroe cavalleresco, presentandole le caratteristiche ma non le virtù. Inoltre prova solo un desiderio carnale per Melibrea ( no amore di Dante).

2) Melibrea: bellissima nobile, è la parodia della figura femminile nelle opere cavalleresche e di amor cortese; infatti, dopo aver respinto inizialmente Calistro, si lascia presto travolgere dalla passione perdendo il pudore.

3) Sempronio: servo salariato di Calistro, critico e corrotto, si rivolge al padrone come se fosse un suo pare. Tradisce Calistro affidandolo alla Celestina, con la quale ha solo un rapporto di interesse.

4) Palmero: servo salariato di Calistro, più ingenuo e leale nei confronti del padrone. Lo tradisce perché viene corrotto dalla Celestina con la promessa di una relazione con Areusa, una prostituta della mezzana di cui è innamorato.

5) Celestina: è una figura di basso rilievo sociale; pensa solo ai suoi interessi, servendosi delle persone per trarne vantagio (ad esempio, si serve di Parmeno e Sempronio senza soffermarsi sulle conseguenze a sarà proprio questo a condurla alla morte) è un’entità mutevole: magam fattucchiera e ruffiana

6) Elicia e Areusa: (Sempronio, Parmeno) prostitute che hanno una relazione con i servi.

 

-TEMI RICORRENTI:

La virtù appare come sinonimo di dissimulazione, finzione si ha una parificazione degli stati sociali: invece di elevare i personaggi di basso rilievo sociale ad una condizione migliore, vengono “abbassati” quelli di condizione superiore. (Melibrea si mette sullo stesso piano di tutti e Calistro). Gli uomini sono posti tutti sullo stesso piano perché sono tutti accumunati dalle stesse irrefrenabili pulsioni di desiderio. Anche le donne in un certo senso sono poste sullo stesso piano, perché anche quelle di ceto sociale elevato si concedono a uomini rozzi e volgari.

Il denaro è un altro tema molto presente nel’opera. Soldi e beni materiali muovono tutta l’opera (basta pensare che Celestina muore perché non vuole spartire la ricompensa con i due servi)

Nel testo compaiono molto le parole “salario” e “compenso” e la Celestina stessa afferma che “senza mercede(ricompensa) è impossibile fare le cose per bene”.

L’amore carnale è posto al pari del denaro e spesso si sostituisce ad esso, configurandosi come una sorta di retribuzione a compenso. Compasione, pena e pietà vengono azzerate in un universo che sembra unicamente guidato dalla convenienza.

La tragicommedia della celestina è “La radiografia di una crisi”.

 

-VALORI CHE SOPRAVVIVONO

Rifiuto della finzioni: attraverso la parodia viene mostrate la vera realtà delle cose

 

-NOMI PARLANTI (i nomi parlanti sono un altro elemento tramandato dalla commedia)

Melibea = dolce come il miele

Celestina = malvagia

 

-ATTO IX

Calistro si è confidato con i suoi servi riguardo al sua amore per Melibea: il suo desiderio è quello di unirsi cin lei. Si rivolgono quindi alla Celestina, che li aiuta sotto compensa. Calistro non è più padrone di sé: veneggia, scambia il giorno per la notte, va in chiesa a pregare Dio affinché lo faccia congiungere con Melibea. La scena si svolge a casa della Celestina, dove ci sono anche i due servi e le due prostitute. Sempronio fa apprezzamenti su Melibea, elogiando la sua gentilezza (sinonimo di nobiltà di cuore) ed Elicia (la sua amante) va su tutte le furie (Elicia si ritiene superiore a Melibea; nonostante sia una prostituta). Poco dopo qualcuno bussa alla porta della Celestina: è Lucrezia, serva salariata di Melibea, la quale convoca Celestina a casa di Melibea. Inizia una discussione sul fatto che sia meglio serve o donne libere. (Lucrezia e Celestina)

MORALE:l’autore vuol far diffidare l’amore dagli inganni (secondo Sempronio il fine è l’atto sessuale)

 

EL LAZARILLO DE TORMES

El lazarillo de T., il cui titolo completo è “la vida de Lazarillo de Tormes y de sus fortunes y adversitades”, è un’opera letteraria realistica che compare per la prima volta nel 1554 in tre edizioni simultanee. Appartiene al genere della “novela pìcaresca”, il genere narrativo più importante e significativo del Rinascimento spagnolo (prende il suo nome da “el pìcaro”, protagonista di umili origini).

I tratti principali della novela Pìcara sono:

1) Realismo: il mondo reale si converte in racconto e l’azione si svolge in tempi e luoghi concreti

2) Autobiografismo: il protagonista narra le sue avventure

3) Carattere satirico: Pìcaro è solito servirsi di padroni crudeli ed irrilevanti per mettere allo scoperto i loro punti deboli e ridicolizzarli

Questo genere nasce proprio con “Lazarillo de Tormes”

 

-IL PROTAGONISTA

Làzaro è un pìcaro (uomo di umili origini), nato in un mulino accanto al fiume Tormes a Salamanca. Le sue umili condizioni lo condannano ad una vita misera nella quale è costretto a lottare per la propria sopravvivenza, passando da un padrone all’altro.

 

-CRITICA ALLA SOCIETA’

Tramite il linguaggio, che corrisponde alla lingua parlata all’epoca, l’opera riflette una profonda critica alla società di quel tempo (l’epoca di Carlo V) e, con un realismo fino ad allora sconosciuto, analizza le classi sociali dominanti (la nobiltà ed il clero); in particolare vengono mosse critiche ai “Clerigos sin fé ni caridad” e agli “Hidagos” (nobili ricchi), presuntosi e vanitosi (per questo fu messo nell’elenco dei libri proibiti). Il lazarillo può essere letto sia come opera raffigurativa della realtà, sia come opera di finzione con il senso di ideare una favola con tutte le caratteristiche della realtà.

 

-L’AUTORE

L’autore, anonimo, citando Plinio, afferma che “non c’è libro, per cattivo che sia, che non abbia in sé qualcosa di buono”.

1° CAPITOLO: NASCITA DEL LAZARILLO E PRIMO PADRONE (IL CIECO): Il Lazarillo nasce in un mulino presso il fiume Tormes a Salamanca, quindi con la nascita più umile che si possa immaginare. [NB: è probabile che tale nascita sia un riferimento blasfemo al re Carlo V (Carlo I per gli spagnoli), nato il 24 febbraio 1500 e figlio di Filippo il Bello e Juana la loca di Parigi. I sovrani infatti si erano recati in Francia per rendere omaggio al re Luigi XII ma, nel mezzo della cerimonia, Juana si chiuse in bagno senza destare il sospetto del marito. Dopo un’attesa troppo lunga, le damigelle allarmate fanno sfondare la porta e scoprono Juana che, sola e senza aiuto, ha dato alla luce il suo secondogenito: Carlo (in onore del bisnonno, Carlo il Temerario).]

I genitori di Lazaro sono Tomé Gonzales e Antonia Perez. Quando Lazaro è ancora piccolo, il padre viene allontanato dalla famiglia ed imprigionato per aver fatto degli imbrogli con i sacchi di farina. Uscito dal carcere, Tomé Gonzales si unisce ad un’armata per combattere i mori. La madre conosce Zaide, un uomo di colore dal qualeha un secondo figlio. Anche Zaide però viene allontanato dalla famiglia, perché accusato di aver sotratto del materiale dalle stalle del Commendatore. Madre e figlio rimasti soli vanno a vivere nella locanda della Solana e Làzaro viene messo dalla madre a servizio di un cieco molto astuto (1°PADRONE), il quale non lo paga, ma gli offre, “insegnamenti di vita”. Làzaro fa la fame al col suo primo padrone. Ci sono vari episodi dai quali il protagonista piò trarre un insegnamento:

1 LA CAREZ DEL TORO: il cieco dice a Làzaro di avvicinarsi alla statua di un torno ed ascoltare il rumore che emette. Lui appoggia l’orecchio ma il cieco gli spinge la testa facendoli prendere una testata contro la statua.

2 L’OTRE ED IL VINO: il Lazarillo vuole rubare il vino al cieco e subito beve quando questo e distratto; poi tramite una sorta di cannuccia, infine pratica un foro sul fondo ed il cieco gli spacca l’otre sul viso rompendoli tutti i denti.

3 GLI ACINI D’UVA: il cieco possiede un grappolo d’uva e dice al Lazaro che lo vuole dividere equamente. Comincia con un acino a testa ma dopo poco comincia a prelevarli a due a due; il Làzarillo comincia a prenderli a tre a tre. Alla fine il cieco dice che ha capito che Làzarillo l’ha imbrogliato perché, quando lui ha preso gli acini a due a due, Làzaro e stato zitto invece di protestare.

4 IL PEZZO DI SALSICCIA: il cieco mette a cuocere sullo spiedo un pezzo di salsiccia ed ordina ad Làzaro di andare alla locanda a prendere del vino. Prima di andare, Làzaro sostituisce la salsiccia con una rapa e se la mangia mentre va alla locanda. Quando torna il cieco si accorge dell’imbroglio e mette il naso dentro alla bocca di Làzaro, sentendo l’odore della selsiccia. Làzaro viene punito.

 

In questi quattro episodi in cieco ha sempre dimostrato di essere più astuto del Lazarillo, ma per lui è arrivato il momento di rifarsi, attingendo a ciò che ha imparato dagli inganni del padrone. Decide di abbandonare il cielo, mostrandogli di aver imparato la lezione, i due si ritrovano nei pressi di un ruscello e Làzaro dice che poco più avanti c’è un restringimento dove possono saltare per attraversare il fiume senza bagnarsi. In realtà,conduce il padrone davanri ad una colonna di pietra, questo salta e sbatte forte la faccia. Il Làzaro gli urla contro. “avete annusato la salsiccia ed il pilastro no? Annusate, annusate!”, e scappa di corsa lasciando il cieco li. Questo primo capitolo mette in mostra come quella di Làzaro sia una storia di privazione al fine di sopravvivere e come il cieco sia essenziale a fornirgli i mezzi per andare avanti, grazie soprattutto ai suoi insegnamenti.

 

-PARALLELISMO TRA IL CIECO E LA CELESTINA

Come la Celestina, il cieco è un uomo avaro, attaccato ai beni materiali, astuto, egoista e cinico. Opera con affari non proprio leciti, a volte simili alla stregoneria; oltre a chiedere l’elemosina infatti fa preghiere per diversi fini: per donne che non partoriscono, per donne partorienti, per donne “malmariate” ecc.

 

2°CAPITOLO: IL PRETE

Il secondo padrone di Làzaro si rivela ancora più tirchio del primo e vive in casa dove “no c’era assolutamente niente da magiare[...]”. Questa descrizione della casa sembra rispecchiare molto la Spagna povera di quel periodo. Il suo nuovo adrone è un prete e, restare con lui, significava ancora una volta una sottrazione, quindi un aumento di saggezza e astuzia. In questo episodio si nota una contrapposizione tra vivere e morire ogni volta che avviene una veglia funebre. Il prete afferma che bisogna essere morigerati nel mangiare e nel bere, ma elle veglie funebri “mangiava come un lupo e beveva come una spugna”. Un giorno Làzaro cerca di imbrogliare il prete, sottraendo delle pagnotte da una cassapanca e da la colpa prima a dei topi, poi ad una serpe.

 

3°CAPITOLO: LO SCUDIERO

Cacciato via dal prete, Làzaro si ritrova a servizio di uno scudiero, che scopre essere molto più povero di lui; in più vive in una casa lugubre e ancora più spoglia di quella del prete. Il ragazzo si trova ancora una volta a dover mendicare, sfruttando tutto ciò che ha imparato dal cieco, e sfama anche il suo padrone per il quale prova pena. A un certo punto però il municipio emana un divieto di chiedere l’elemosina, Làzaro allora smette di mendicare in piazza e chiede aiuto alle vicine. Un giorno lo scudiero gli da un real (moneta dell’epoca) e lo esorta ad andare al mercato a comprare del cibo. Mentre si avvia però incontra un corteo funebre e sente la vedova dire che il corpo del marito verrà portato in una casa lugubre e spoglia, dove si soffre la fame temendo sia quella del padrone, core indietro e si chiude in casa spaventato. Nel frattempo, gli affittuari dell’abitazione, vengono a riscuotere la tassa d’affitto. Lo scudiero dice di andare al mercato a cambiare i soldi, ma in realtà non torna più. Si invertono così i ruoli tra servo e padrone, dal momento che è lo scudiero ad abbandonare Làzaro.

 

-PARALLELISMO TRA LA CASA DELLO SCUDIERO E LA LOCANDA DI CENTURIO NELLA CELESTINA

La casa dello scudiero viene descritta identica alla locanda di Centurio, anche i vari oggetti appaiono nello stesso ordine sia nella casa che nella locanda. Ciò significa che l’autore del Lazarillo doveva conoscere bene l’opera di F. de Rojas.

 

5°CAPITOLO: IL VENDITORE DI INDULGENZE

Dopo essere stato abbandonato dallo scudiero, Làzaro va prima con un frate (capitolo 4°), che abbandona poi a causa dei viaggi troppo lunghi che questo gli propina. In seguito va con un venditore di bolle. Questo è un prete che truffa la gente vendendogli delle indulgenze, grazie alla sua spiccata capacità di parlare fluemente sia il latino che lo spagnolo colto e raffinato. Quando non riesce a vendere una bolla, ricorre ad astuti artifici: fa credere, ad esempio, di ottenere poteri prodigiosi dalla bolla che le vuole vendere. Làzaro vive con lui per quattro mesi, poi si mette al servizio di un cappellano (capitolo 6°) che gli permette di guadagnare bene vendendo l’acqua.

 

7°CAPITOLO: CONCLUSIONE

Làzaro diventa banditore di corte presso il re e sposa la domestica dell’arciprete San Salvador, riuscendo a trovare una bella sistemazione e ponendo fine alle sue disgrazie nel 1580.

 

QUADRO STORICO SPAGNOLO: LA CONQUISTA

 

-CRISTOFORO COLOMBO

Si sa poco sulla sua vita, probabilmente nacque a Genova nel 1451 e morì nel 1506. Dei suoi saperi è garante Michele da Cuneo, e lui stesso si definisce esperto di marineria; Colombo cerca di vendere alle corti di mezza Europa il suo progetto di “passare ad Oriente tramite l’Occidente”. Riesce nel 1492 a convincere i re cattolici (Isabel e Fernando II) ad aderire (vedi capitolazioni a Santa Fe), dato che, dopo la caduta di Costantinopoli (1453), l’unica via possibile verso l’Oriente rimasta alla Spagna è proprio l’Occidente (unica via per aprire il paese ai commerci). Il progetto di Colombo però è ricco di errori, essendosi lui basato a “il Milione” di Marco Polo, (Calcolo della migli di distanza sbagliato; aveva convertito le miglia del tempo passato invece di quelle attuali) considerandolo un diario di cronaca precisa e non approssimativa ( ad esempio è convinto di dover affrontare un viaggio di 19600 km quando in realtà si rivela essere di 4440 km). La sua biblioteca personale (dalla quale trae informazioni) è formata sia da libri laici che da libri religiosi; questi lo convincono del garantito successo della sua impresa. Una volta raggiunta la “terra promessa” non riesce a coglierne l’importanza, sminuendo la rarità di quel che vede: il navigatore non riesce ad uscire dall’ottica del “vecchio mondo” della tradizione e riduce il tutto a ciò che si aspetta di vedere ( pensava di trovare popolazioni indigene, invece sono progrediti). Nel “diario del primo viaggio” descrive la sua delusione per non aver trovato in quelle terre i segni dell’Oriente e la sua spasmodica tensione a trovarli, enfatizzando la presenza dell’oro e riducendo l’ignoto al noto.

 

 

-HERMAN CORTES

Quando Cortes giunge al nuovo mondo, sono già entrati in vigore due importanti tributi giuridici:

1) ENCOMIENDA: retribuzione giuridica ed economica secondo la quale gli indios devono retribuire i conquistatori giunti lì come evangelizzatori per la fede cristiana tramite lavoro gratuito, beni in natura o altri mezzi

2) MITA: retribuzione tipica del governo inca sotto forma di lavoro: tutti coloro in grado di lavorare devono offrire i loro servigi alla Spagna, soprattutto nelle miniere d’argento, in modo da recuperare forza-lavoro.

La conquista del Messico segnerà la svolta per Cortes. Nel 1504 approda a santo Domingo e nel 1511 è uno tra i primi a partecipare alla conquista di Cuba. Nel 1519, il governatore di Cuba, Diego Velasquez, lo manda in una nuova missione conoscitiva ma, considerando la ricchezza di quei luoghi (sia la popolazione da poter sfruttare che risorse naturali), Cortes disobbedisce e prova a conquistarli. Velasquez manda sulle sue tracce un manipolo di armati per fermarlo, ma Cortes adesso ha un duplice obiettivo:

1 riprendersi la legittimità sconfiggendo il governatore (nemico “interno”)

2 coprirsi do gloria con la sconfitta degli Indios (nemico “esterno”)

Lo straordinario racconto della sua conquista viene descritto de Cortes nelle cinque “Cartas de Relacion” che invia a Carlo V dal 1519 al 1525. La prima è andata perduta, al suo posto ne troviamo un’altra parallela dove si parla di una sorta di investitura del condottiero da parte dei suoi soldati (10 luglio 1519)(secondo uno schema medievale). La seconda è la più celebre e parla dell’avvicinamento alla capitale Tenochtilan (conquista Messico), descritta con un tono di stupore e meraviglia: una città posta al centro di un cago circondato da montagne, con un’architettura splendida ed una grande ricchezza materiale; parla inoltre della sua conquista e dell’abbandono forzato in seguito a “la noche triste” (battaglia avvenuta tra la notte del 30 giugno e del 1 luglio 1520) e del tentativo di riconquista spodestando il re azteco (15 ottobre 1520), la terza (15 maggio 1522) narra di come Cortes sia giunto alla conquista di Tenochtittan ed al completamento della prese dell’impero. La quarta esamina le nuove tensione createsi nella neo colonia. L’ultima si riferisce alla spaventosa e fallita missione a sua, nei pantani de Las Hibueras. “Las Cartas de Relacion” sono state scritte con un tono alto, ricco di retorica e latinismi. Narrano ovviamente fatti realmente accaduti, ma a volte gli avvenimenti sono raccontati con l’enfasi tipica del romanzo cavalleresco. Queste lettere sono anche un documento politico, dal momento che la nuova terra è vista come portatrice di immense ricchezze. La figura di Cortes è un po’ controversa: viene definito “male minore”, poi “guerriero” e “capo tirano” a capo delle stragi connesse nel nuovo mondo.

 

DONAZIONE ALESSANDRINA

Tutte le terre del nuovo mondo appartengono a Cristo e al suo vicario (Papa) secondo la encomienda, ma possono essere date in concessione ai sovrani di religione cattolica. Per questo motivo, Papa Alessandro VI Borgia si vede costretto a dovere sancire la Donazione Alessandrina, accordo secondo il quale viene tracciata una linea immaginaria dell’Amarica del sud (La “Raya, 1770 km ad ovest delle isole di Capo Verde”): le terre ad ovest della linea vengono date in concessione al Portogallo, quelle ad est alla Spagna.

 

 

-CONQUISTA MILITARE E CONQUISTA SPIRITUALE

L conquista fu un fatto privato, lo stato non intervenne se non sporadicamente come finanziatore. Tuttavia la Donazione prevede che sia lo stato interessato a pagare la tassa per la concessione del territorio (imposta del 20%). Questa tassa ha delle conseguenze notevoli sulle missioni di conquista perché nel corpo di spedizione, oltre all’adelantador (colui che deve prendere possesso della terra) devono esserci sempre il contador e il veedor (per tassare le ricchezze ed estrarre il “quinto reale” per la Donazione), nonché i commissari religiosi (per leggere il “Requerimiento” e far abbracciare la fede cristiana agli indios) ed il notalio (per registrare e certificare le disposizioni istituzionali). Il governo delle terre del nuovo mondo è di tipo parafeudale (encomienda e mita), gli indios lavorano gratis ed in cambio vengono evangelizzati. È proprio l’evangelizzazione a condurre le nuove conquiste su un piano spirituale.

 

-REQUERIMIENTO

Con la “Junta de Burgos” (1512-1514) si valuta l’eventualità di creare una distinzione tra infedeli “senza colpa” (coloro che non hanno mai conosciuto la parola di Dio e decidono di convertirsi) ed infedeli “con colpa”. Questi ultimi sono due tipi:

1 infedeli colpevoli che però non occupano dei luoghi sacri;

2 infedeli colpevoli che occupano i luoghi sacri e cercano di difendersi dai conquistatori.

Questa distinzione viene sancita ufficialmente in un documento denominato “Requerimiento”: un testo che comincia con una breve storia della nascita dell’umanità, fino ad arrivare all’avvento di Cristo; questo ha trasmesso il suo potere a San Pietro (primo Papa), il quale a sua volta lo ha donato ai papi fino all’ultimo Papa attuale; questo ha fato dono alla Spagna dell’America. Questo racconto e i “diversi tipi di infedeli” sono racchiusi in questo documento, il quale deve essere portato da ogni conquistatore nelle nuove terre e letto agli indios per informarli sulla loro situazione prima di colonizzare le loro terre. In realtà questa procedura non viene quasi mai rispettata: in genere prima gli indios vengono fatti prigionieri, poi gli viene letto in Requirimento rigorosamente in castellano (quindi la maggior parte degli indigeni non lo comprende). Nelle condizioni del documento, inoltre, gli indios devono riconoscere il Papa come signore del mondo e suo vice il re di Spagna per diritto di Donazione. In caso contrario, gli spagnoli sono obbligati a praticare la schiavizzazione o, nel peggiore dei casi, lo sterminio.

 

-CONSEGUENZE DELLA CONQUISTA E CARLO V

Nel 1517 entra in Spagna ma non conosce una parola di spagnolo, in quanto è stato cresciuto nelle fiandre. Prima ancora di diventare imperatore, è già signore si un vastissimo territorio:

1 Castilla, Aragona e colonia del nuovo mondo (per via della madre Juana);

2 Possedimenti Borgogni e legato al trono Imperiale (per via della nonna paterna, Maria di Borgogna): diventa imperatore del Sacro Romano Impero nel 1520.

In quell’anno l’avvento del protestantesimo ste sensibilmente toccando il paese, prima a causa di Erasmo da Rotterdam, poi per Martin Lutero (il 31 ottobre 1517 affigge le sue 95 tesi alla porta della chiesa di Wittemberg). Quest’ultimo chiede di essere ricevuto da Carlo V in occasione della Dieta di Warms (16-18 aprile 1521). Il re accetta per paura di inimicarsi i suoi elettori al trono imperiale (i principi tedeschi). Davanti al dilagare di così tante religioni protestanti, però, si vede costretto di chiedere a Lutero di abiurare, ma questi invece di assecondare Carlo V difende apertamente la sua riforma protestante. Come risultato di Lutero ottiene l’esatto contrario: un rafforzamento della Suprema Inquisicion.

Per quanto riguarda l’economia del paese, la Spagna si ritrova con un bilancio molto squilibrato per vari fattori:

1 le ricchezze del nuovo mondo non vengono impiegate per il paese, ma per pagare gli innumerevoli viaggi in Europa di Carlo V;

2 le attività estrattive del nuovo mondo cominciano a impoverirsi e la Spagna è incapace di provvedere ai bisogni delle sue colonie;

3 la Spagna è diventata dipendente finanziariamente dalle più grandi ed importanti banche d’Europa (situazione imbarazzante per la Corona). Nel 1521 scoppia la prima guerra con la Francia; nel 1526 la seconda. Nel 1527 i turchi si affacciano a Vienna e nel 1535 la Spagna riconquista Tunisi. Nel 1536 scoppia la terza guerra con la Francia e nel 1541 la parta. Nel 1555 viene firmata la pace di Augusta e Carlo V abdica in favore del fratello Fernando. L’anno successivo però abdica anche lui, lasciando la corona al figlio di Carlo: Felipe II.

 

 

-FELIPE II E LA CRISI SPAGNOLA

Re che preferisce chiudersi nel suo forte dell’Escorial ed attendere che i problemi vadano da lui. A tal proposito sostituisce l’unicità del “Consejo de Estado”, creando un sistema POLISINODIALE formato da diversi consigli ministeriali e territoriali.

Un esempio del suo funzionamento:

 

 

Sotto il suo governo si firma la pace di Cateau-Cambresis con la Francia nel 1559, che sancisce l’egemonia della Spagna sull’Italia; inoltre l’astio cin i francesi viene scemato grazie al matrimonio tra Felipe II ed Isabel de Valois. Resta la minaccia dei turchi, che invadano il mediterraneo attaccando Cipro e Malta. La Spagna allora se allea con genovesi, veneziani e stato pontificio della Lega Santa, battendo i turchi nel 1574 a Lepanto. L’egemonia del mar mediterraneo è salva, Felipe II si può concentrare così sui problemi interni del paese:

1 I Monscos a Granada, arabi finti convertiti che insorgono eleggendo un loro re e chiedendo aiuto ai turchi; rifiutano di integrarsi e parlano solo arabo: vengono dispersi per tutta la Spagna in seguito alla campagna di Alpujamas.

2 I fiamminghi non riconoscono Felipe II come loro re.

Inoltre la morte di Maria Tudor (1533) impedisce a Felipe II di diventare sovrano di Inghilterra. Elisabetta I si mette a capo del regno e della chiesa anglicana e persegue una politica anticattolica; inoltre detiene il dominio dei mari ed appoggia i fiamminghi contro la Spagna.

Felipe II allora decide di occupare Londra per riacquisirne il dominio sui mari e parte con la sua flotta “L’invincibile Armata”, ma le sue navi verranno presto distrutte.

Inizia il declino della Spagna, la quale è già flagellata da innumerevoli mali interni: aridità, deforestazione, decadenza agricola, amigrazione, espulsioni, eccesso di elemosina, troppe vocazioni ecclesiastiche, vagabondaggio, disprezzo del lavoro, manie di nobiltà ecc; inoltre la Spagna ha smesso di esportare prodotti ed esporta denaro, dal momento che ha una enorme abbondanza monetaria, ma una gracilità produttiva spaventosa. Nonostante la vastità monetaria, la Spagna non ha denaro sufficiente a ripagare i suoi debiti e alla fine del secolo il debito dello Stato risulta otto volte maggiore delle sue entrate.

Aumentano il banditismo, la produzione cartacea di libri e documenti e anche i casi di profeti di sventura. Nel 1596 la Spagna dichiara la terza bancarotta e Felipe II è accusato di essere la causa. Inizia di nuovo il periodo dove il sentimento nostalgico prevale, secondo il quale “ciò che è stato è meglio di ciò che è”, tipico di una società in piena decadenza.